domenica 30 settembre 2012

"Ferite profonde" ancora non rimarginate

"Ferite profonde" di Nelle Neuhaus, Giano, 2012



Nele Neuhaus con "Ferite profonde" racconta una storia di vendetta che trae le sue origini nella folle persecuzione compiuta dai nazisti nei confronti degli ebrei.
I protagonisti di questa vicenda sono ormai ultraottantenni, ma il loro passato non gli impedisce di pagare il fio delle loro colpe.
La famiglia Kaltsee, caratterizzata da personaggi poco raccomandabili, sia i nuovi rami che quelli più antichi, si muove al centro dell'indagine della coppia di poliziotti Von Bodenstein e Kirchhoff cercando di nascondere i molteplici segreti che stanno dietro la sua ricchezza e il suo prestigio.
Diversi omicidi con differenti motivazioni fra vendetta e protezione.
Questa scrittrice è molto brava, consiglio la lettura di questo romanzo anche se il finale risulta un pò scontato perchè prima è stato svelato quasi tutto.

Voto: 8

David Goldberg aveva nostalgia della sua terra: voleva risentire i suoni della lingua madre, rileggere i giornali tedeschi, contemplare di nuovo gli amati monti del Taunus. Costretto a lasciare la Germania per salvare la pelle nel 1945, dopo sessant'anni trascorsi negli Stati Uniti, a novantadue anni è tornato nel suo paese. Un ritorno fatale. Poiché David Josua Goldberg, esponente di spicco della comunità ebraica americana, uomo influente che si è prodigato per ripristinare i rapporti tra la Bundesrepublik e Israele dopo la guerra, è stato ritrovato cadavere nel suo appartamento di Kelkheim. L'hanno scoperto inginocchiato sul lucido pavimento di marmo del corridoio, a neanche tre metri dalla porta d'ingresso. La parte superiore del corpo rovesciata in avanti, la testa in una pozza di sangue. Sangue e cervello schizzati tutt'intorno: sulla tappezzeria di seta, sulla porta, sui quadri e sul grande specchio veneziano posto all'ingresso. Una scena del crimine familiare per il commissario capo Oliver von Bodenstein e per la sua collega Pia Kirchhoff. Il proiettile che ha trapassato la testa del vecchio, un proiettile di grosso calibro, procura, infatti, questi danni. Decisamente meno familiari sono, però, le cifre che i due investigatori scoprono tracciate col sangue sullo specchio: 1-6-1-4-5. È sconcertante un elemento che l'autopsia rivela: sul lato interno del braccio sinistro, venti centimetri sopra il gomito, Goldberg presenta il tatuaggio tipico delle SS.

"I poeti morti non scrivono gialli", una specie di giallo

"I poeti morti non scrivono gialli" di Bjorn Larsson, Iperborea, 2011



Voto 8,5

Può uno scrittore di poesia cimentarsi nel genere thriller facendola franca?
Secondo Larsson la punizione per questa eresia è la morte.
Eppure, il poeta sembra bravo in questa impresa, forse perché le vittime del suo assassino di carta sono i ricchi e potenti speculatori che non si fanno scrupoli pur di aumentare i propri profitti.
Azzeccata in questa storia la figura del poliziotto-poeta e quella dell'editore combattuto fra il valore della poesia e gli incassi dei thriller.
Un bel romanzo thriller scritto da un inesperto del genere.
Belle le poesie attribuite a Jan Y. Nilsson, sono di Yvon Le Men.

Un'opaca sera di febbraio, l'editore Karl Petersén raggiunge impaziente il porto di Helsingborg. Nella ventiquattrore una bottiglia di champagne e un contratto per il poeta Jan Y. Nilsson, a cui ha chiesto di scrivere un giallo, sicuro bestseller già venduto ai più prestigiosi editori d'Europa. Ma il poeta accetterà di firmare? Si piegherà alle basse leggi di quel mercato che, con la sua ricerca di una poesia alta ed essenziale, ha sempre snobbato? La risposta è definitiva: Petersén trova Jan Y. impiccato a bordo del peschereccio in cui viveva. Si è suicidato? Il commissario Barck non ha dubbi: i poeti si uccidono, non vengono uccisi. Eppure i motivi per farlo fuori non mancano, a cominciare dal lauto compenso che Jan Y. avrebbe presto incassato e dal materiale scottante sugli squali della finanza che il suo romanzo era pronto a denunciare. Nell'età dell'oro dei thriller, Björn Larsson scrive "una specie di giallo" che è un gioco letterario di raffinata ironia e autoironia, per indagare l'essenza stessa della scrittura e della vocazione artistica. In una sferzante satira di un mondo editoriale all'isterica ricerca del prossimo successo, solo un "poliziotto-poeta" è in grado di scoprire le associazioni nascoste, di rivelare l'inatteso, di afferrare le verità che si celano dietro le apparenze.

"Battuta di caccia" un nuovo caso per la sezione Q

"Battuta di caccia" di Jussi Adler-Olsen, Marsilio, 2012



Voto 8,5

Bel romanzo, con tanti personaggi e situazioni che incuriosiscono e spingono alla lettura.
Il gruppetto di sadici di successo non tradisce le aspettative, sembrano veramente capaci di qualunque nefandezza pur di soddisfare i loro istinti più perversi.
La loro ex compagna Kimmie, braccata dai loro segugi, è ancora più pericolosa di loro.
L'ispettore Morck, con la sua squadra sui generis, ma di grande fiuto e dedizione ai fini della scoperta della verità, risulta molto simpatico con il suo modo di fare abbastanza anticonformista.
Le battute di caccia, evidenziate nel titolo, sono sempre più estreme, fino a quella del finale che risulterà decisiva per la conclusione del caso.
Finale con il botto, come si intuisce abbastanza presto; se dovessi dare un consiglio all'autore, lo inviterei a curare di più il finale.
Anche quello della "Donna in gabbia", bel romanzo giallo-thriller, che vi consiglio di leggere aveva lo stesso piccolo neo.

Un gruppo di persone influenti, la cui maggiore aspirazione è vivere al limite. Gente esperta, che ha lasciato un'impronta sul paese e pensa più in grande degli individui comuni. Un collegio esclusivo li ha uniti in gioventù, hanno fatto di Arancia meccanica il loro film culto, e dopo vent'anni la passione per la caccia li tiene ancora insieme. Sono potenti e sono ricchi, divorati dall'eccitante inquietudine della sfida, ma nonostante le carriere impeccabili, sui loro anni di scuola circolano storie sconvolgenti, sospetti di violenze mai denunciate, perfino del tragico omicidio di due studenti, fratello e sorella, i cui corpi martoriati furono ritrovati in una casa di vacanza non lontano dal collegio. Quando l'incartamento del caso ormai archiviato finisce misteriosamente sulla sua scrivania alla Sezione Q, Cari Morck si rende conto che tra quelle pagine c'è qualcosa di molto sbagliato e, con l'aiuto del suo assistente siriano Assad, decide di riaprire le indagini. Le tracce portano ai vertici della società, ad agenti di borsa e chirurghi estetici che regnano sulla debolezza della gente. Ma puntano anche al mondo opposto, quello degli emarginati e dei disperati, dove una senza tetto granitica ha deciso che chi ha abusato di lei, mortificandola, pagherà per le proprie azioni. Un'indagine che attraversa l'intera gerarchia sociale, e che rivela che troppo spesso il male nasce da diffidenza e assenza di empatia, e che freddezza e mancanza d'amore possono avere esiti mostruosi.

Agent 6, l'ultima avventura di Demidov?

"Agent 6" di Tom Rob Smith, Sperling & Kupfer, 2011



Una nuova avventura per l'agente Leo Demidov, sarà l'ultima?
Il finale aperto, comunque da leggere, mi fa sperare che il personaggio dei romanzi di Smith possa essere il protagonista di altre storie.
Bel romanzo che, oltre all'intreccio mai banale e sempre stimolante, descrive in modo fedele il clima di tensione fra Unione sovietica e USA durante la guerra fredda e le azioni sponistiche e propagandistiche dei due Paesi.
Sebbene sembri che già nella prima parte del romanzo il finale della storia sia svelato, fidatevi di me: non è così; Smith ha la capacità rara (che per ora ho trovato solo nel grande Scott Turow) di mostrare sotto varie sfaccettature vicende che sembrano scontate rendendole coinvolgenti.
Mi è piaciuta anche la descrizione dell'Afghanistan sotto la dominazione sovietica.
Il ricorso limitato alla violenza gratuita, spesso ridondante in altri romanzi di questo genere, non toglie nulla a questa spy story.

Voto: 8/9

Mosca, 1950. All'agente speciale dell'MGB Leo Demidov viene affidato un nuovo incarico: deve scortare Jesse Austin, il cantante nero americano che ha sposato la causa del comunismo, in tournée in Unione Sovietica. Un incarico di pura propaganda, perché a Jesse deve essere mostrata solo la faccia buona del regime. Per fortuna Leo può contare sull'appoggio di Raisa, la giovane insegnante che ha conosciuto per caso e della quale si sta già innamorando. È una missione facile, ma quell'incontro avrà un peso drammatico sul destino di tutti loro. New York, 1965. Bloccato dai mostruosi meccanismi della burocrazia sovietica, Leo Demidov, ormai ex agente espulso dagli ingranaggi della polizia segreta, non può partire con la moglie e le figlie alla volta di New York. Il loro è un "Tour di Pace", destinato a migliorare le relazioni tra le due superpotenze che si fronteggiano nella Guerra Fredda. Eppure Leo ha paura per loro: perché è stata scelta proprio la sua famiglia? Chi e che cosa si nascondono dietro il viaggio oltrecortina? Kabul, 1980. I peggiori incubi di Leo si sono avverati, e lui ora chiede solo una cosa: giustizia. Ma ogni tentativo di lasciare la Russia gli viene impedito, e la sua unica via d'uscita è rientrare nei ranghi del KGB, che lo arruola proprio nell'invasione dell'Afghanistan. Leo è davvero disposto a pagare qualsiasi prezzo per portare a termine la sua ultima, personale, missione.


Consiglio vivamente a chi non lo avesse fatto di legegre anche i primi due romanzi di Smith dedicati a Demidov: "Bambino 44" e "Il rapporto segreto.
Il primo romanzo è molto bello (voto 9), il secondo non delude (8/9).

                                

mercoledì 8 agosto 2012

Il giovane Philby, grande bufala o grande spia?

Il giovane Philby, Littel Robert, Fanuccci, 2012, Euro 16,00.




Una spy story per palati sopraffini. Concordo con Forsyth.
Diversi personaggi che hanno conosciuto il giovane Philby raccontano la loro versione di una curiosa storia di spionaggio alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Chi è questo Philby, una spia doppio-triplogiochista al servizio di Russia, Gran Bretagna, America oppure un personaggio semplicemente animato da grandi ideali?
PENSATE, SI TRATTA DI UNA STORIA VERA!!!
Voto: 9,5
Si legge velocemente; la vicenda incuriosisce fino all'ultima pagina. Il finale è sorprendente, ma non pienamente chiarificatore.
Hitler è sullo sfondo, mentre Stalin è spesso citato.
L'incontro fra Stalin e alcuni suoi sottoposti è da brividi.

Chi è veramente Kim Philby? O meglio: per chi lavora? Il giovane Philby dalle guance rosee e dai capelli scompigliati bussa alla porta di Litzi Friedman, una disinibita comunista viennese, e la conquista con la sua balbuzie. Così comincia la carriera di uno dei Cambridge Five, gli agenti segreti britannici più leggendari della storia. La sua vicenda viene narrata da dieci personaggi, ciascuno con una propria versione dei fatti. Sempre tra le righe - e necessariamente crudo, questo romanzo ha la vivacità di un diario plurimo scritto in prima persona: Stalin in carne e ossa così deludente rispetto alle foto ufficiali; Litzi impavida attivista, ma gelosa della compagna dal seno prorompente; il capitano russo Gusakov che non capisce di essere stato fatto prigioniero dai suoi stessi capi, e quando viene incarcerato pensa che lo stiano facendo 'entrare dalla porta sbagliata'. Per la cronaca: dopo le vicende qui riportate, Philby riuscì a mettersi in salvo e visse gli ultimi venticinque anni della sua vita a Mosca, lavorando come istruttore per il Kgb. Morì nel 1988.


Vertigo, un fotografo egiziano anticipa la primavera araba

VERTIGO di Mourad Ahmed, Marsilio, 2012, Euro 18,00


Un  fotografo povero di soldi, ma ricco di valori, sfida il sistema e anticipa la primavera araba.

Solo i giovani hanno il coraggio e l'intraprendenza per cambiare lo status quo.
Voto: 8

Si legge bene; la scrittura, molto controllata, evita accuratamente il racconto di scene di violenza e tortura.
In alcune parti sembra più un romanzo politico che un thriller.
Viene descritta bene la società araba con le sue forti contraddizioni.
Il messaggio politico di rinnovamento emerge chiaramente e qualifica la storia.
Avrei aggiunto un pizzico di azione in più.
Al bar Vertigo, locale notturno alla moda, ritrovo per la gente che conta del Cairo, Ahmed Kamàl assiste per caso all'omicidio di due noti uomini d'affari. Fotografo di professione, imprime le immagini della strage sulla pellicola, ed è pronto a farle pubblicare, ma si rivolge al giornale sbagliato: i media del paese sembrano puntare a molta apparenza e poca verità. Intrappolato in una rete di giochi di potere, Ahmed per un po' trova riparo in un locale notturno, popolato da ballerine del ventre e attricette in cerca di gloria, accanto a uomini d'affari e politici: gente influente, persone che al mattino sulle pagine dei giornali sono nemiche, e di notte diventano alleate nel gioco delle parti, tutte riunite nello stesso locale in cerca di donne e alcol, a ostentare la propria ricchezza. Testimone scomodo, Ahmed tuttavia non intende tacere... Accolto in Egitto con grande entusiasmo all'arrivo della primavera araba, Vertigo denuncia il malcostume del paese, senza mai rinunciare all'ironia. Con il suo ritratto schietto di una polizia di stato losca e vendicativa e di una classe politica corrotta, Mourad racconta la difficoltà di trovare un vero modello per le nuove generazioni, il disordine che pervade la nazione, lo stato di vertigine perpetua in cui si confondono ruoli e concetti, dove chi difende i valori morali può subito dopo essere sopraffatto dal proprio interesse personale. Ma tutto questo non gli impedisce di affidare alle sue pagine un messaggio di speranza per i giovani...