giovedì 6 ottobre 2011

"L'uomo di Kabul" un thriller ambientato nell'Afghanistan di oggi

Sto leggendo "L'uomo di Kabul" di Cedric Bannel, Sperling & Kupfer editore, 2011.

Trama
Kabul è una città corrotta: in ogni vicolo, in ogni mercato, in ogni luogo pubblico allignano la violenza e il sopruso. Lo sa bene Osama Kandar, comandante della squadra omicidi, un uomo tutto d'un pezzo che non ha mai smesso di credere nel proprio mestiere. Musulmano convinto, ma sposato con Malalai, ginecologa che si rifiuta di indossare "il sacco azzurro sulla testa", Osama è un poliziotto vero, come non se ne vedono più. Tanto meno a Kabul, dove le uniche divinità sono ormai i dollari e i proiettili. Così, quando per ordini superiori la polizia archivia come suicidio la morte di un mediatore d'affari europeo, il commissario sa subito che qualcosa non quadra: troppa fretta, troppi dettagli ancora da chiarire. Ed è con questo caso all'apparenza banale che comincia per Osama un'inarrestabile discesa negli inferi della sua città e del suo Paese, dentro gli inganni e i maneggi di un governo sempre più manovrato dall'Occidente. "L'uomo di Kabul" unisce azione, suspense e intrigo politico. Ma, soprattutto, è il primo romanzo a mettere in scena un poliziotto afghano, un uomo che conosce bene, e in parte incarna, le contraddizioni del proprio Paese, e che non può fare a meno di ascoltare la voce della coscienza: un personaggio geniale, poetico, per cui è impossibile non parteggiare.

Provo a riassumere fino al punto dove sono arrivato:
due indagini parallele collegate fra loro, una in Svizzera curata da Nick, un'analista di un'influente e spietata organizzazione segreta, l'altra in Afghanistan seguita dal comandante Osama Kandar, ex mujaidin, sullo strano suicidio di un mediatore di affari Wali Wadi.
Il romanzo è scritto bene e risulta abbastanza avvincente; interessante è il racconto del caos, della corrruzione, della violenza, delle contraddizioni che contraddistinguono l'Afghanistan oggi e, soprattutto, del pericolo quotidiano di finire vittima di un attentato.
Il comandante gira sempre ben armato (fra le armi anche un paio di granate) e scortato.
Per adesso lo consiglio, non appena finito esprimerò un solenne giudizio.

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